Rivista per le Medical Humanities

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La sezione intende offrire una panoramica sui territori delle Medical Humanities: congressi, istituzioni, pubblicazioni, film, cronache. Essa ospita, inoltre, le considerazioni di specialisti in merito ad articoli apparsi su altre testate. Questo spazio riproduce i contenuti della versione cartacea della pubblicazione; i contributi non legati alla periodicità del cartaceo si trovano invece nella sezione «Novità» di questo sito.


«Non si decide al bar sulla vita e la morte»
rMH 19


Franco Garelli
La Stampa
13 agosto 2011

Come affrontare insieme i grandi problemi etici del nostro tempo, dai temi della bioetica e della biomedicina a quelli dell’ambiente, dai confini della scienza alle questioni di politica nazionale e internazionale? Come far sì che la gente partecipi in modo attivo e consapevole al dibattito pubblico, evitando che i talk show televisivi la facciano da padroni, sia nel disinformare la popolazione, sia nell’influenzare i governanti? Di qui l’idea, cara ai filosofi e politologi che hanno a cuore le sorti della comunità, che la via maestra da percorrere sia quella della democrazia deliberativa, un metodo che promuove la riflessione tra i cittadini sui temi più sensibili, in vista di decisioni (di maggioranza) che dovrebbero vincolare tutti e da proporre a chi governa la cosa pubblica come espressione del consenso più diffuso.
Proprio a questo metodo – applicato in questo caso alle scienze della vita, alla biomedicina – è dedicato Il pulpito e la piazza di Giovanni Boniolo, docente di Logica e Filosofia della scienza presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano. L’auspicio di fondo è di una comunità che individua nel processo razionale il proprio motore di un cambiamento controllato. Le decisioni – sui temi etici e sociali più rilevanti – non si lasciano al caso, ai conflitti di interesse, agli umori di un dibattito pubblico in cui spesso nani e ballerine e intellettuali tuttologi dibattono su cose di cui non hanno la minima conoscenza. Ai discorsi da bar, si deve contrapporre la riflessione seria tra gruppi di individui che da un lato ritengono sia meglio misurarsi con chi la pensa diversamente, e dall’altro fanno di tutto per acquisire un metodo che consenta davvero un confronto costruttivo e arricchente: il che implica il saperne abbastanza del tema di cui si tratta; essere capaci di costruire un ragionamento, di sostenere una posizione in pubblico; dare a tutti la stessa attenzione e possibilità di esprimersi; valutare ogni posizione razionalmente in base alle giustificazioni che porta; credere che sia meglio – su questioni di rilevanza collettiva – tendere a posizioni condivise piuttosto che lasciare che ognuno la pensi come vuole e che prevalga il far west in molti campi etici.
È una sfida raccolta anche da Michela Marzano in Etica oggi: la docente di Filosofia morale all’Università Paris Descartes considera che l’analisi metaetica dei concetti morali e del loro impiego sia oggi in affanno, per cui occorre che i filosofi tornino a misurarsi con i problemi reali, valutando come sia possibile applicare i principi ultimi dell’etica alle nuove e diverse situazioni. Di qui la necessità di sviluppare l’etica applicata, un tipo di riflessione filosofica che abbandona la pretesa di spiegare le leggi della morale una volta per tutte e per ogni situazione, ma che si interessa delle diverse dinamiche della vita che sollevano una problematica o un dilemma morale.
Guardano invece più al passato gli autori di Bioetica come storia, a cura di Lucetta Scaraffia: saggi di storici e sociologi accomunati dalla convinzione che non tutti i problemi bioetici oggi sul tappeto siano nuovi e che molto c’è da imparare su come i nostri antenati hanno affrontato i dilemmi morali del loro tempo. Anche questo lavoro muove dall’idea che spetti a tutti i cittadini (non solo agli esperti) occuparsi dei temi etici più rilevanti del momento, pur con una preoccupazione di fondo circa lo slittamento morale che si produce in ogni epoca storica di fronte a innovazioni tecniche prima oggetto di generale condanna e poi successivamente accettate come dato di fatto. 

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