La sezione intende offrire una panoramica sui territori delle Medical Humanities: congressi, istituzioni, pubblicazioni, film, cronache. Essa ospita, inoltre, le considerazioni di specialisti in merito ad articoli apparsi su altre testate. Questo spazio riproduce i contenuti della versione cartacea della pubblicazione; i contributi non legati alla periodicità del cartaceo si trovano invece nella sezione
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«Il male e la stupidità»
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La Bustina di Minerva, Umberto Eco L’Espresso 20 Luglio 2006
Il tema che esce dalla Bustina di Minerva va ben al di là della quisquiglia o pinzillacchera, come definita da Umberto Eco: si tratta dell’informazione al pubblico sui medicamenti, contenuta nel cosiddetto «bugiardino», il foglietto illustrativo. Sui piatti della bilancia due principi fondamentali: da una parte il diritto del paziente di essere informato, dall’altra il dovere del fabbricante di fornire un’informazione adeguata. Ed è proprio su quest’ultimo punto che casca il famoso asino: cosa, quanto e soprattutto come dire. Semplicissimo, diranno i critici: linguaggio di facile comprensione anche ai non addetti ai lavori, testi succinti ma completi, disegni esplicativi, avvertenze chiare. Più facile a dirsi che a farsi, purtroppo. Cominciamo con il «come dire». In Svizzera le autorità, riconosciuto il problema verso la fine degli anni Ottanta, hanno sancito che le industrie farmaceutiche non potevano più allegare semplicemente l’informazione per i professionisti della salute nelle confezioni dei medicamenti, ma dovevano elaborarne una specifica destinata ai pazienti, ben leggibile, controllata e approvata dalle autorità stesse. Da quel momento in poi vi è stato un notevole miglioramento a livello di comprensibilità del testo. I problemi sul «cosa dire» e sul «quanto dire» restano per contro, almeno parzialmente, irrisolti. In merito alla quantità, le informazioni sono molte, è vero, ma poche se confrontate a quelle contenute nell’imballaggio di un telefono cellulare, di un elettrodomestico o persino di un giocattolo per bambini. Riguardo al contenuto, infine, la priorità è posta più sulle avvertenze e i potenziali problemi per la salute, che sull’effetto benefico, l’effetto farmacologico diretto, presupponendo – a giusta ragione – che il medico abbia spiegato al paziente i motivi per i quali ha prescritto un determinato farmaco. Quindi, a salvaguardia del paziente stesso, meglio porre l’accento su tutto quello di indesiderato che potrebbe accadere, nella speranza che il lettore non interpreti le avvertenze come una lista di sventure che sicuramente di lì a poco lo colpiranno. In questo ambito si applica quindi il vecchio principio dell’«uomo avvisato, mezzo salvato». In ogni caso, sempre meglio avere qualche informazione in più che averne troppo poche o, peggio ancora, non averne del tutto. Immaginate quale sensazione provereste nell’assumere un medicamento senza foglietto informativo, oppure con uno semplice, banale, sempre rassicurante. La lunghezza del testo, qualche parolone o frase un po’ complessa vanno quindi considerati come il minore dei mali. Se poi resta qualche dubbio legittimo c’è pur sempre il medico o il farmacista, come recita un vecchio adagio. L’importante è che il bugiardino vero non diventi un vero bugiardino o, peggio ancora un bugiardone, che nel nome della semplificazione ometta delle informazioni importanti oppure dia delle false sicurezze. In questo caso non basterebbe certo più la bustina di Minerva.
Marco Bissig