Rivista per le Medical Humanities

La sezione intende offrire una panoramica sui territori delle Medical Humanities: congressi, istituzioni, pubblicazioni, film, cronache. Essa ospita, inoltre, le considerazioni di specialisti in merito ad articoli apparsi su altre testate. Questo spazio riproduce i contenuti della versione cartacea della pubblicazione; i contributi non legati alla periodicità del cartaceo si trovano invece nella sezione «Novità» di questo sito.


Books to Bedside. Translational Work in the Medical Humanities
rMH 11


Chicago
23-25 aprile 2009  

A dispetto del titolo del convegno ospitato dalla Northwestern University, i protagonisti della «traduzione» nelle Medical Humanities non sono stati unicamente i libri. Non soltanto la letteratura e la saggistica sono state esplorate nella loro traducibilità al letto del malato, ma anche le arti visive, la fotografia, il cinema. L’idea guida del convegno è stata quella di non dare nulla per scontato, prima fra tutte la certezza del ruolo intrinseco delle scienze umane nel pensiero medico e la necessità di un programma Medical Humanities. Su questo sfondo comune di profonda messa in questione degli automatismi e delle sicurezze consolidate si sono sviluppati i singoli interventi, volti a proporre una nuova e sempre rinnovata legittimazione di un’educazione medica più articolata e più attenta al dettaglio. Traduzione dunque delle comode certezze che questo approccio, seppur giovane, ha già raggiunto, in dubbi fecondi e propulsivi.

Chantal Marazia

L’elogio della follia. A ciascuno il suo
rMH 11


X Giornate psichiatriche
ascolane
Ascoli Piceno
5-8 maggio 2009  

Il convegno che annualmente viene organizzato dal Dipartimento di Salute Mentale di Ascoli Piceno sotto la guida di G. Mariani, sempre caratterizzato da un programma ricco e da relatori prestigiosi, ha in questa decima edizione preso la forma di un dialogo tra la psichiatria e le scienze umane e artistiche. Nelle diverse sessioni, la follia è stata posta in relazione a spiritualità, filosofia, arti figurative, storia, cinema, musica e letteratura, per concludere con le neuroscienze e la farmacologia («Mente e follia», «Cura e follia»). Un dialogo interdisciplinare dai tratti propriamente Medical Humanities, che ha confermato la fecondità del ricorso alla narrazione letteraria e cinematografica nella comprensione della sofferenza psichica, dell’identità professionale dello psichiatra (V. Volterra), non meno che nella lotta allo stigma che accompagna la malattia mentale (G. Mancini): da I fratelli Karamazov di Dostoevskij (considerati nell’intervento di A. Semerari) a Repulsion di Polanski (nell’analisi di M. Rossi Monti). La settima arte offre certo un vasto repertorio di opere in cui la psichiatria può vantaggiosamente specchiarsi, a condizione però di sottoporle a un’analisi critica e attenta. Un esempio: se la produzione cinematografica dà largo spazio a figure affette da disturbi di personalità, non altrettanto vale per la rappresentazione della schizofrenia, meno frequente e adeguata. Come si spiega ciò? E quale concezione della malattia mentale si trova più spesso messa in scena nei film? A queste domande si è confrontato con acutezza G. Martini. Il dialogo interdisciplinare ha assunto a tratti toni quasi provocatori, spingendosi fino a simulare il confronto dello psicoterapeuta con un «paziente eccezionale», il paziente Dante Alighieri, in una sorprendente analisi finzionale (R. Rossi), e a suggerire il paragone tra psicopatologia e critica d’arte (F. M. Ferro). Nel corso dell’incontro è stata d’altronde affermata la centralità della metafora in psicoterapia, forma linguistica attraverso cui i pazienti parlano, e che occorre imparare ad ascoltare e interpretare se si vuole cercare di comprendere la follia (E. Borgna). È stata altresì ricordata la «paticità dell’immaginazione», secondo un concetto di Muratori ripreso da B. Callieri. Infine, è stata ribadita la portata del ricorso alla parola poetica nel resistere a – e nel trascendere – la malattia mentale, come nel caso paradigmatico rappresentato da Dino Campana (trattato da A. Ballerini). La finzione è stata così riconosciuta nella sua profonda capacità di rivelare la verità della sofferenza: con le parole di Pessoa (ricordate da N. Gosio), «Il poeta è un fingitore. / Finge così completamente / che arriva a fingere che è dolore / il dolore che davvero è».

Guenda Bernegger

Arte e benessere
rMH 11


Giornate di studio
Scuola Universitaria
Professionale
della Svizzera Italiana
Manno 22- 23 maggio 2009  

Le due giornate di studio, promosse dal Dipartimento Scienze Aziendali e Sociali della Supsi e condotte da Claudio Mustacchi, sono state un’occasione per riflettere sul contributo che l’arte e la creatività offrono al benessere umano e al progresso culturale: un invito, in particolare, a cercare di comprendere come esse possano diventare strumento del lavoro sociale per istituzioni di cura, educative e dell’animazione culturale. Artisti, studiosi e animatori culturali internazionali sono stati interpellati per aiutare il pubblico, composto da operatori dell’ambito sociale e sanitario, a pensare all’esperienza dell’arte quale bisogno umano esistenziale – che chiama in causa le questioni del linguaggio, della forma, della norma, della libertà, della necessità, dell’alterità, della cultura – e per accompagnarlo nell’affrontare domande ambiziosamente importanti: perché l’uomo ha bisogno dell’arte? L’arte ci può aiutare a combattere l’emarginazione, il disagio, l’ingiustizia? In che maniera l’arte porta il suo contributo alla qualità di vita? Varie esperienze sono state presentate nel corso delle due giornate, quali illustrazioni paradigmatiche di come l’arte possa essere utilizzata per favorire nuove dinamiche sociali, rafforzando il coinvolgimento di tutti in un progetto comune, stimolando la creatività di un territorio e accrescendone la capacità di accogliere l’altro, nella sua diversità, nella sua singolarità. Rosita Volani ha narrato il percorso dell’Associazione Olinda, che facendo leva sullo strumento del teatro ha trasformato gli spazi dell’ospedale psichiatrico milanese Paolo Pini; Angelo Riva, del Centro di Ricerca Arte Musica e Spettacolo di Lecco, ha riportato un’esperienza di intervento sociale realizzata nella forma dei cantieri sonori, capaci di far dialogare realtà molto diverse tra di loro, grazie alla funzione trasversale dell’arte e alla sua capacità di mettere in moto la trasformazione sociale. Proprio su questa funzione di esaltazione della diversità e di recupero dei diritti attraverso la strada della socialità orizzontale dell’arte, contro il malessere provocato dall’esclusione, si è soffermato Emilio Pozzi, figura storica della critica teatrale, che ha dato vita alla rivista Teatri della Diversità, nella quale si intersecano teatro, cultura e mondo del disagio. Ma perché l’arte, basata sulla finzione, è capace di avere un impatto trasformativo sul reale? È toccato a Fabio Minazzi, professore ordinario di Filosofia Teoretica all’Università dell’Insubria, fornire elementi di risposta teorici. Daniele Finzi Pasca ha invece offerto una delicata e coinvolgente riflessione ancorata al proprio vissuto di attore e regista, confrontato a più riprese a contesti con un alto tenore di sofferenza, che al contempo chiedono e rifiutano di essere narrati. Pure Mihai Butcovan, educatore e scrittore di origine rumena, si è rifatto alla propria esperienza di creazione, mentre Ornella Manzocchi ha proposto una meta-riflessione sul percorso creativo e sugli ostacoli che lo segnano.

Guenda Bernegger

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  • - Sources and Perspectives of Bioethics
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  • - Arte e benessere
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  • - ASBH 10th Annual Meeting
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  • - Le decisioni di fine vita: quale il ruolo della desistenza terapeutica?
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  • - Bambini oggetto di ricerca: quali i limiti etici?
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  • - Simposio sul dono e il trapianto d’organi
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  • - La macchina: madre o matrigna? Telemedicina, Robotica e Cura
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  • - La Fondazione Ticino Cuore
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  • - La contenzione fisica e farmacologica: implicazioni assistenziali, etiche, deontologiche
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  • - Istituzioni
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  • - 4th Annual Meeting of the Association for Medical Humanities
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