Rivista per le Medical Humanities

Si tratta di uno «spazio espositivo» che arricchisce mediante illustrazioni ogni numero della rivista. Troverete pubblicati in questa sezione solo una fotografia di ciascun autore e il commento alle immagini proposte all'interno del numero. La pubblicazione integrale del portfolio la riserviamo, infatti, ai lettori e agli abbonati della versione cartacea della nostra rivista.

nota di Matteo Terzaghi

Fotografia di Dóra Maurer



Per gentile concessione dell’artista
e della Vintage Galéria di Budapest 

L’annotazione di Dóra Maurer
è tratta dal suo libro Traces
1970–1980
, Dominik Art Projects
Foundation, Cracovia, 2011, 
p. 37. Alcune interviste video
all’artista e alcuni film da lei
realizzati sono disponibili sul
sito www.doramaurer.com 


          Nata a Budapest nel 1937, studentessa all’Accademia ungherese di belle arti dal 1955 al ’61, oggi Dóra Maurer ricorda gli anni seguiti all’insurrezione antisovietica del 1956 come un periodo cupo e privo di prospettive, in cui l’arrivo dell’arte concettuale rappresentò per lei e i suoi amici un’apertura decisiva. La gioia per la scoperta di una nuova dimensione del pensiero e del fare artistico è palese nei lavori di Dóra Maurer risalenti agli anni Settanta qui pubblicati, specialmente nella sequenza della gara di corsa sui ballatoi intitolata Parallel Lines, un’interazione di due macchine fotografiche all’apparenza semplice e spontanea come un gioco da bambini ma che attraverso l’accostamento dei negativi produce un risultato a stampa di elevata complessità spaziale e temporale. 
          Con l’arte concettuale tutto poteva diventare oggetto di indagine, a partire dalle cose più vicine e quotidiane (e dalla più vicina e quotidiana di tutte: il proprio corpo), mentre la fotografia, il film, il disegno e anche la scrittura venivano adottati, più che come discipline artistiche autonome, come strumenti per la progettazione, l’analisi e la documentazione delle esperienze, non molto diversamente da come avveniva nella ricerca scientifica. Quasi inevitabile, di fronte all’aspetto scientifico degli studi di Dóra Maurer intitolati Reversible and Changeable Phases of Movements, pensare ai rilievi fotografici eseguiti da Eadweard Muybridge nella seconda metà dell’Ottocento per capire il galoppo del cavallo, il volo degli uccelli e il movimento dell’essere umano. 
          Di fatto, al centro dell’interesse di Dóra Maurer e di altri artisti contemporanei si trova, più che il soggetto in movimento, il movimento della percezione, ossia i processi percettivi stessi e la loro interdipendenza con le nostre aspettative e supposizioni. 
          Questa un’annotazione di Dóra Maurer sui suoi pannelli e in particolare su quello pubblicato qui accanto: «Le strisce dei tableaux possono essere prese come semplici fumetti ed essere lette da sinistra a destra o al contrario. Alla fine di ogni riga si può identificare un’azione. Ad esempio, Studio 1: angolo vuoto – sasso in mano – sasso nell’angolo = ha appoggiato il sasso. La stessa cosa al contrario: ha preso il sasso. Le ripetizioni delle fasi ne modificano il significato (...) Ci sono immagini di fase che veicolano significati diversi a seconda del contesto: ad esempio l’immagine b dello Studio 1: sta appoggiando il sasso da qualche parte, lo sta solo tenendo o lo sta portando via? Immagini di fase di questo tipo possono avere un ruolo nel determinare l’intensità del movimento (...) Gli Studi non esauriscono tutte le possibili varianti offerte dalla permutazione (...) È una componente essenziale degli Studi il fatto che lo spettatore non si limiti a definire con il loro nome le azioni che riconosce, ma continui a pensare ai significati che emergono dalla lettura dell’opera e a cercare nuovi movimenti reversibili. Al di là di questo, gli Studi concernono la vita». 
          La permutazione, il gioco combinatorio, il ritmo scandito dalla ricorrenza delle stesse «immagini di fase» e dall’alternanza tra il pieno e il vuoto, l’aperto e il chiuso ecc., i movimenti minimi, i piccoli scarti del punto di osservazione come quello di circa 7 cm che costituisce la nostra visione binoculare (come nei dittici Right Eye–Left Eye Double Object), tutto questo fa parte del linguaggio di Dóra Maurer. Le sue opere ci introducono in quello stato mentale che Paul Valéry chiamava «il mondo dell’attenzione», dove le esperienze comuni rompono gli schemi inculcati dall’abitudine e possono svelare una grande e a volte anche liberatoria – e poetica – ricchezza di connessioni. 
          È il senso della molteplicità e del possibile, ricondotto agli elementi basilari e teoricamente inalienabili della vita, che conferisce a questi lavori il loro sempre attuale significato politico. 

Matteo Terzaghi

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