Rivista per le Medical Humanities

Si tratta di uno «spazio espositivo» che arricchisce mediante illustrazioni ogni numero della rivista. Troverete pubblicati in questa sezione solo una fotografia di ciascun autore e il commento alle immagini proposte all'interno del numero. La pubblicazione integrale del portfolio la riserviamo, infatti, ai lettori e agli abbonati della versione cartacea della nostra rivista.

nota di Matteo Terzaghi

Fotografia di Ingeborg Lüscher



Il libro di Ingeborg Lüscher
Dokumentation über A.S.
Der grösste Vogel kann nicht
fliegen
, uscito da DuMont nel 1972,
sarà presto ripubblicato con
l’aggiunta di materiale inedito dalle
Edizioni Periferia di Lucerna. Il racconto
di Corinna Bille, intitolato Le propriétaire,
si può leggere, anche nella traduzione
italiana di Fabio Pusterla, nel volume 
Le labyrinthe poétique d’Armand Schulthess,
pubblicato dalle Edizioni Sottoscala
di Bellinzona nel 2014.

          Nel 1953, durante un passeggiata nei boschi di Auressio, valle Onsernone, la scrittrice Corinna Bille comincia a notare piccoli cartelli ricoperti di parole stilate a mano. Avanzando, raggiunge un vigneto con un casolare di pietra dove la presenza di questi messaggi si infittisce e sembra collegarsi a una rete di sentieri tracciati tra gli arbusti e gli alberi circostanti. I cartelli non si limitano a fornire indicazioni, ma trattano, in varie lingue, gli argomenti più diversi. Bille racconterà le sorprese di quel pomeriggio – tra cui lo sguardo selvatico dell’uomo che di tutta evidenza stava al centro di quel labirinto – in un testo che oggi costituisce per noi la prima importante testimonianza su Armand Schulthess e la sua opera.
          Negli anni seguenti, altri si interesseranno a Schulthess, ma praticamente nessuno riesce a conquistarne la fiducia. Se la sua installazione sembra predisposta come un richiamo, di fatto ogni invito in essa contenuto risulta sin da subito sabotato dal suo stesso artefice. Casa Schulthess è munita di un campanello, ma un avviso informa che non funziona. Il proprietario espone un numero di telefono, ma non è il suo. Parecchie sono le scritte indirizzate a eventuali ospiti, tuttavia il padrone di casa si trincera dietro i muri a secco e non si lascia avvicinare da nessuno.
          L’unica che riesce a instaurare un rapporto con lui è l’artista Ingeborg Lüscher, la quale negli anni 1969-72 va a trovarlo regolarmente. Il libro fotografico di Lüscher Documentation über A.S., del 1971, ci permette di sentire la presenza altrimenti così sfuggente di un uomo che rimane comunque avvolto nel mistero. Guardandoli da vicino, si capisce che i cartelli sono per la maggior parte ricavati da barattoli di latta. Coperchi e fondi diventano medaglioni, il resto è spianato e trasformato in tavolette rettangolari. Le scritte, i disegni e gli schemi, a volte di impressionante qualità grafica, sono frammenti di una cultura che spazia dalle arti alla tecnica e dalle scienze esatte a quelle occulte. Accanto alle foto di quest’opera d’arte totale – che coincide con una forma di vita quasi monastica (i monaci copisti!) – Lüscher riporta dichiarazioni di A.S. che riguardano sia la sua attività attuale, sia la sua vita precedente. Veniamo così a sapere, tra l’altro, che Schulthess aveva lavorato nel settore della moda femminile e poi, per più di dieci anni, come commesso di cancelleria presso l’Amministrazione federale a Berna. Ora per vivere non gli serve quasi niente. Due vecchi cappotti indossati uno sopra l’altro gli bastano per superare l’inverno. Tutte le sue risorse ed energie vanno nel lavoro. I libri e gli attrezzi se li è portati da Zurigo. Le riviste, i giornali e gli altri stampati va a cercarli ad Ascona e a Locarno.
          Schulthess è un copista enciclopedico, anche la disposizione delle scritte nei dintorni della sua casa segue una logica enciclopedica, ma il suo è un enciclopedismo visionario. A Lüscher dice: «Lei legge in modo diverso da me. Lei legge solo per stimolare lo spirito e i sentimenti, io invece leggo per dare un ordine al mondo». Nel bosco di Auressio, un demiurgo lotta a mani nude, in tragica solitudine, contro la potenza immemore della natura che prosperando manda in rovina ogni costruzione umana.
          Colpisce un appunto alla fine del libro di Lüscher: «Quest’anno per la prima volta A.S. ha appeso agli alberi informazioni battute con la macchina da scrivere su carta da lettera. I fogli hanno già iniziato a decomporsi. Ha scelto questo metodo perché ritiene di non aver più abbastanza tempo per far fronte alla valanga di informazioni che viene prodotta». La dichiarazione è del 1971. Di lì a pochi mesi, nel settembre del 1972, Armand Schulthess verrà trovato morto in quello che qualcuno ha giustamente definito il suo giardino. Forse, come ha scritto Camus in conclusione di un suo celebre saggio, dobbiamo immaginarci Sisifo felice.

Matteo Terzaghi

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