Le fotografie pubblicate in
questo numero, realizzate
nell’area metropolitana
milanese nell’arco di tre anni,
fanno parte di un reportage
su un aspetto circoscritto del
fenomeno migratorio, dello
sradicamento, della marginalità.
Esiste anche una marginalità
della marginalità. Persone
sparite da ogni registro,
compresi quelli dei centri di
accoglienza e di assistenza.
«So un sacco di cose sui vari obbiettivi e sulla sala di montaggio. So quali bottoni della cinepresa servono per cosa. So più o meno come usare un microfono. Sono tutte cose che so, ma non è questa la vera conoscenza. La vera conoscenza riguarda il modo in cui dobbiamo vivere, il significato stesso della vita, cose di questo tipo».
«Nella vita, nella vita reale, si incontrano nomi che ci stupiscono perché non sembrano convenire alle persone che li portano».
Krzysztof Kieslowski
Quando metto al collo la mia macchina fotografica mi trasformo nel ricercatore di qualcosa da svelare, qualcosa che si nasconde nelle pieghe della realtà e che all’inizio intuisco soltanto vagamente. Scatto immagini che mostreranno un frammento di mondo su un pezzo di carta, un frammento di «verità» – si tratta sempre di dire la verità, o almeno di provarci.
Per farlo ho bisogno di lasciare lavorare il tempo.
Ho dormito sui treni, negli scantinati, nei sotterranei della stazione centrale di Milano. Ho frequentato le mense. Ho chiesto l’elemosina insieme a loro.
Solo adesso comincio a capire.
Jacek Pulawski