Tra tutte le metropoli del mondo, Tokyo è forse quella che presenta la massima concentrazione di persone tristi, e tale riscontro ha costituito una sorta di assunto di questi miei lavori. Indagare le cause di questa tristezza sarebbe il compito di un’analisi sociopsicologica. La fotografia, da parte sua, non analizza. La fotografia osserva, è vigile.
In primo luogo era necessario capire come, dove e quando si manifesta l’atmosfera che mi interessava fissare. Nel corso di innumerevoli giri per la città, a passo lento e senza meta, voltando ora in una strada, ora in un’altra, ha preso forma un saggio fotografico composto di immagini lente e silenziose. Oggetto del mio interesse e della mia ricerca erano sia i dettagli, sia i volti e i gesti. Non il grande momento, ma il piccolo istante che di solito l’occhio non degnerebbe di uno sguardo. La non-azione e perfino la stasi. Quella che ho cercato di cogliere con le mie fotografie è un’atmosfera che non si manifesta in modo chiaro e deciso, ma sussiste invece a un livello più nascosto e subliminale.
Andreas Seibert