Il brano qui proposto è estratto
dal catalogo Jane McAdam Freud,
On Identity, pubblicato dalla Galleria
Martini & Ronchetti, Genova, 2014.
I ritratti di Lucian Freud e di Jane
McAdam Freud, su cui si fonda il
lavoro di montaggio
Us, sono di
Jane Bown e di Simon Barber.
Essere Jane McAdam Freud non è una realtà irrilevante, nella storia del pensiero psicoanalitico ed estetico occidentale. Basti anticipare che l’artista in questione è figlia di Lucian (Berlino, 1922 – Londra, 2011) e pronipote di Sigmund (Freiberg, 1856 – Londra, 1939). (...)
Jane McAdam Freud (Londra, 1958), scegliendo autonomamente e con successo personale, prima forse a livello inconscio, poi consapevole, il linguaggio dell’arte come sua identità profonda e come sua attività professionale, sembra portare sul piano simbolico la condizione della presenza e dell’assenza del padre: l’artista Lucian Freud. (...) A proposito dell’interrelata costellazione di famiglia, occorre dire che la madre Katherine Margaret, anch’essa di formazione artistica, prende le distanze dal coniuge, padre dei suoi quattro figli, figura troppo intensa con cui convivere, elidendo perfino il cognome Freud dal suo McAdam, quando Jane, la maggiore dei fratelli, ha solo otto anni. Ne trascorreranno ventitré prima del ricongiungimento, voluto da Jane, al padre Lucian, pittore ormai celebre, affermato, insignito, tra l’altro, nel 1983, dell’onorificenza
Companion of Honour. (...) Jane, ormai nota, si approssima al Padre, prendendone le distanze come specifico linguistico, ma sollecitando il proprio interesse giusto su quel terreno, la scultura, che rappresentava la prima scelta estetica paterna. (...)
L’opera fotografica intitolata
Us/Noi, 2011, nelle due versioni in bianco e nero e colori, rappresenta (...) il momento più significativo ed insieme sintomatico del rapporto genealogico Jane/Lucian. Decisamente coinvolgente, il fotomontaggio si articola su una sequenza duale di otto fotogrammi, verticalmente scanditi, risultante dall’incastro di parti del volto dell’una in parti del volto dell’altro, a ricostituire, verosimilmente, un’integrità fisionomica strutturata come un puzzle, che rinvia tuttavia a due soggetti distinti e quindi a due identità. L’opera si presenta simultaneamente come ritratto del padre Lucian, nel suo divenire impercettibilmente figlia, come direbbero Deleuze-Guattari in
Mille Plateaux, e come autoritratto della figlia Jane, nel suo divenire impercettibilmente padre.
La somiglianza è il soggetto protagonista dell’opera, che diventa stimolo di interrogativi su altre possibili somiglianze/differenze, nonché sui loro effetti di familiarità, reciprocità, estraneità, presenti a livello latente. (...) Negli effetti di rispecchiamento, di presa di distanza, a partire dalla complessa costellazione familiare, affiorano e prendono evidenza formale e virtuale le figure dell’identità e dell’alterità, della somiglianza, del doppio, del frammento, della copia speculare, della memoria, del dispositivo di appropriazione, del percorso di individuazione e di appartenenza genealogica, psicologica, sociale, culturale, artistica.
Viana Conti