Rivista per le Medical Humanities

Donazioni e trapianti d’organo. I trapianti tra i vivi

Roberto Malacrida,
Sebastiano Martinoli,
Gilbert Thiel,
Roberta Wullschleger
Collana Corbaro
Edizioni Alice
Comano, 1999  


Joseph Murray trapiantò con successo, 53 anni or sono, un rene da un giovane 24enne al suo fratello gemello: questa storica operazione significò la nascita dei trapianti clinici ma diede origine nel contempo alla controversia, peraltro ancora attuale e tutt’altro che risolta, se sia etico o meno sottoporre una persona sana al rischio di complicazioni di un’operazione importante per salvare la vita di un’altra persona. Infatti, se da un lato c’è chi pensa che la donazione dai vivi debba essere considerata come l’ultima delle possibilità, proprio perché essa non è totalmente esente da rischi e poiché esistono alternative efficaci, d’altra parte si giustifica anche la posizione di chi la considera come una soluzione accettabile eticamente e valida clinicamente tale da poter essere continuata e persino propagandata. Tenuto conto della sempre maggiore carenza di donazioni provenienti da persone in morte cerebrale, è facile immaginare che si sia cercato di espandere l’ambito dei potenziali donatori viventi. Si è cercato di estendere i donatori anche al di fuori di una relazione genetica, in particolare tra marito e moglie, tra gli amici più prossimi e permettendo di diventare donatori volontari anche alle persone anziane.
Proprio perché ci si trova di fronte a una carenza di organi da trapiantare, la donazione dai vivi è una terapia valida e giustificata. Non per questo però le questioni etico-filosofiche nella donazione dai vivi vanno dimenticate o sottovalutate: esse resteranno da dibattere, da capire e da risolvere, soprattutto per quanto riguarda il grado di insistenza che può avere la richiesta ad esempio a dei bambini o a un parente lontano di donare il proprio organo. E ancora: come prevenire in modo sicuro la possibilità di un commercio d’organi soprattutto nel caso di un trapianto detto «cross over», cioè quando in caso di incompatibilità biologica all’interno della famiglia qualcuno potrebbe donare un organo a un’organizzazione di trapianti con la garanzia che il prossimo organo compatibile donato a questa organizzazione sarà dato a un suo famigliare o a un suo amico?  
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