Rivista per le Medical Humanities

Cinema: femminile, plurale. Mogli, madri, amanti protagoniste del terzo millennio

Paola Casella
Le Mani,
Genova, 2010

La pluralità del femminile, come recita il titolo, è il filo rosso di questo libro della giornalista Paola Casella, assai capace nell’entraree uscire nelle trame di storie filmate, visioni e figure di donne apparse sugli schermi cinematografici dell’ultimo decennio. Come a dire che l’emancipazione delle donne e la coscienza dellpropria identità, passano inevitabilmente dall’intreccio di più ruoli, volti e dimensioni del vivere. Solo affrontando un gineceo apparentemente frastornante (viene in mente l’incipit del film di
Altman Il dottor T e le donne che inaugura il decennio) è forse possibile superare l’appiattimento dell’identità femminile in ruoli e schemi prefissati nel tempo e da logiche per lo più maschili.
Le donne, che hanno spesso raccontato storie ai propri figli e nipoti e ragazzi in genere, si fanno sempre più protagoniste di vicende che sappiano «far vedere» le loro storie, nelle poliedriche sfaccettature di loro esperienze esistenziali. Al cinema è quindi possibile inforcare speciali occhiali (sono «d’oro» per la psicoanalista Lella Ravasi Bellocchio che in due bei libretti analizza film particolarmente amati) che ingrandiscono e colorano e illuminano vicende sulle quali ha per troppo tempo vinto l’istinto difensivo di «chiudere gli occhi». La Casella annota infatti come l’emblematico titolo dell’ultimo film di Kubrick, Eyes Wide Shut, sappia cogliere proprio questo problematico vedere e non a caso la protagonista, splendidamente interpretata da Nicole Kidman, inforchi un paio di occhiali mentre riflette col marito sul suo rapporto di coppia. Col superamento del ruolo femminile passivo della protagonista del bel racconto di Schnitzler, Doppio sogno, a cui il film si ispira, il grande regista attualizza, per il nuovo millennio, quella storia di primo Novecento. 
Le nuove visioni delle donne di questo primo scorcio del 2000 sono state possibili grazie alle interpretazioni di alcune eccellenti «signore» dello schermo: brave attrici capaci nel calarsi in ruoli femminili non scontati. Tra le altre l’autrice dedica particolare attenzione a Isabelle Huppert, Julianne Moore e Valeria Golino identificate come donne cattive, sbagliate, ignorate. In molti bei film, hanno infatti denunciato lo stereotipo della madre/moglie dolce, sicura e rassicurante raccontando storie di vite difficili, squilibrate e scomposte. Se la pluralità di scelte morali, sessuali, psicologiche femminili, non sempre innocue, può inquietare è tuttavia chiara, ancora una volta, la funzione catartica che l’arte assume nella rappresentazione del verosimile. Queste figure possono costituire riferimenti e anche incoraggiare scelte trasformative con cui, nel quotidiano, ciascuna di noi si trova a confrontarsi.
Anche grazie ad alcuni registi «l’inganno benefico» dell’arte, di cui parlavano gli antichi sofisti, ha saputo guidarci in più articolate e veritiere visioni dell’identità femminile. Un capitolo del libro è interamente dedicato al danese Lars von Trier che nel suo percorso ha denunciato le prepotenze di uomini occidentali sulla gentilezza di donne, vere vittime sacrificali della forza sopraffattrice dei primi. Un altro capitolo esprime un particolare riconoscimento a due registi – Pedro Almodovar e Ferzan Ozpetek – la cui sensibilità omosessuale ha loro consentito di far vibrare corde del femminile con una maggiore empatia rispetto a colleghi eterosessuali. In alcune pellicole hanno entrambi auspicato un miglioramento sociale proprio grazie all’intervento delle donne che certamente molto amano, a giudicare dagli splendidi ritratti che di esse ci hanno lasciato.
Se il coraggio di difendere la complessità e la pluralità del femminile costituisce la nuova sfida del racconto cinematografico, il tema del materno – solida e costante base di identificazione di genere – è abbondantemente visitato nelle principali recenti produzioni cinematografiche. E anch’esso articolato nelle sue proposte filmiche cui l’autrice dedica ben quattro capitoli: ora aggressivo, ora eroico, ora vendicativo e altro ancora. E risulta il motore primario di differenti declinazioni dell’essere donna oggi. La nuova voglia di maternità «inarrestabile» si identifica proprio col far nascere questi numerosi volti da riconoscere e accettare grazie al dialogo interpersonale tra donne, sorelle e uomini sempre più disponibili al vero colloquio relazionale.

Antonella Cattorini Cattaneo
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